Caro Mister,
premetto che il mio giudizio sul tuo conto non potrà mai essere imparziale. Quello che sei stato per me si potrebbe raccontare, forse, in uno di quei romanzi d’amore che leggono gli ultimi romantici.
Proprio così: una storia da libro cuore cominciata sotto la Gradinata Sud a Marassi quando avevo appena dodici anni, e finita sabato scorso sul manto erboso dello stadio Braglia.
Non riesco a nascondere che, nelle ultime settimane, vederti soffrire mi ha turbato come persona, prima che come giornalista. Mi ha mostrato le difficoltà di un mestiere di cui mi hai fatto innamorare; ma soprattutto mi ha fatto capire che, nel mondo del pallone, esistono ancora uomini con dei valori.
Oggi penso: “il calcio è uno schifo”. Perché un giorno sei un condottiero; ed il giorno dopo sei un coglione. Basta un errore dal dischetto a mettere in discussione il lavoro di una settimana. Non hai il tempo di aggiustare le cose che già devi salutare.
Il calcio è uno schifo, Walter. Non lo scopriamo certo oggi.
Ma voi allenatori, lo sai bene, siete uomini soli con la valigia in mano. E l'”esonero” fa parte del gioco.
Dunque, volevo solo dirti di non mollare. Di tenere la testa alta. Perché aldilà dei risultati, aldilà di quello che ancora potrai aggiungere alla tua gloriosa carriera; io sono convinto che tu, con quel volto arcigno da pugile e quella insaziabile fame di vittoria, possa dare ancora tanto sul rettangolo verde.
E come eravamo soliti cantare a Genova, io “Alzo il mio bicchiere di vino e brindo a Novellino”. Perché gli allenatori vanno e vengono; ma tu, Walter, sei rimasto.
Augurandoti le migliori soddisfazioni, ti ringrazio di cuore per le emozioni forti.
Cordialmente,
Tommaso Turci