Si presentava agli allenamenti con puntualità millimetrica e con immutato entusiasmo, anche dopo molti anni: e dire che l’esordio non era stato dei più promettenti!
Appena arrivato sulla porta dello spogliatoio, uno sguardo d’insieme dell’allenatore ed il responso era stato inequivocabile, senza ancora essere sceso in campo: “Pilone!”.
Ma non aveva neanche le scarpe con i tacchetti, e gliele dovettero prestare.
Piano piano, i giocatori sciamavano sul rettangolo di terra, che non conservava neanche il ricordo dell’erba. La mandria di energumeni sollevava ampie nuvole di polvere al passaggio: tutti cercavano, con la prima corsetta attorno al perimetro, di sciogliere i vari acciacchi ereditati dalla partita precedente.
Quello nuovo mostrava segni di leggera insofferenza già al primo giro di campo.
Gli altri sorridevano, sotto ai baffi, perché sapevano che da lì in poi sarebbe stato molto peggio, tra scatti, flessioni, addominali, ruote da camion scaravoltate in mezzo al campo: la palla ovale, forse, sarebbe comparsa solo nell’ultima parte dell’allenamento, come un premio.
Al secondo giro di campo, le sbuffate di quello nuovo somigliavano sempre più al rumore di un mantice.
Ed al terzo giro di campo, il bestione si accasciò al suolo.
L’allenatore si avvicinò, sconsolato che il nuovo acquisto si dimostrasse così cedevole.
Ed il neo-pilone disse che gli davano un po’ fastidio le scarpette prestate. ‘Magari sono un po’ strette’, pensò l’allenatore..
Lui si tolse la scarpa destra, la ribaltò e fece cadere a terra con un tintinnio la chiave per tacchetti, che si era portato nella suola per ben tre giri di campo. L’allenatore sgranò gli occhi: sì, decisamente era nato un pilone!