Nella foto i giocatori della Germania.
Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia in cui ogni competizione sportiva a livello internazionale fosse seguita con grande entusiasmo ed enorme senso d’appartenenza. Ricordo ancora quando nel lontano ‘95 ammirai Albero Tomba riportare in Italia la coppa del mondo di sci alpino: “Giù! Giù! Giu!”, gridava mio padre come un pazzo davanti al televisore…
Non importa che sia volley o ciclismo, calcio o sci alpino; a casa mia lo sport è, da sempre, seguito con uno spirito patriottico fuori dal comune. Proprio questo sostegno tricolore quasi esasperato ha fatto nascere in me una sana idea “nazionalista” nel mondo del calcio.
È lecito immaginare che, sin da bambino, abbia individuato nei tedeschi gli acerrimi rivali, i nemici in assoluto più antipatici. Come molti di voi, ho vissuto nella leggenda della partita più bella della storia: Italia Germania 4 a 3 a Città del Messico; ho ascoltato i racconti di coloro che hanno “sentito” l’urlo di Tardelli a Spagna ’82; ho provato i brividi sulla mia pelle a Dortmund, esattamente 8 anni fa, quando Grosso e Del Piero ci facevano piangere di gioia; ed infine, sono esploso quando Super Mario Balotelli mostrava i muscoli negli ultimi Europei proprio contro i teutonici.
Per un italiano riconoscere una vittoria ad un tedesco è contro ogni logica. Siamo fatti così; è inconcepibile fare i complimenti ad un “crucco” per un risultato raggiunto, ma credo che questa volta sia necessario fare un’eccezione.
Siamo onesti Signori, La Germania merita questo “Campionato del Mondo”. Aldilà della passeggiata umiliante sul Brasile in semifinale mondiale ed un torneo in cui la formazione di Loew ha dimostrato di essere la squadra più solida e concreta; la loro mentalità ed il loro modo di pensare il calcio è il modello da cui noi italiani dobbiamo ripartire. Poche chiacchiere fuori dal campo e tanto spirito di sacrificio hanno reso vincente una formazione multietnica nella quale ogni giocatore si sente, prima di tutto, appartenente ai colori del proprio paese.
Personalmente, sono rimasto affascinato dal modo di giocare di Thomas Muller; il vero simbolo di questa Germania. Un calciatore di un’umiltà encomiabile che non ha mai staccato il piede dall’acceleratore per tutta la sua esperienza brasiliana ed è risultato decisivo in ogni apparizione con la sua fame e cattiveria agonistica.
Qui stiamo parlando di una squadra e di una generazione di campioni all’apice della loro carriera e non di un singolo giocatore. Schweinsteiger, Lahm e Klose hanno trasmesso esperienza ai fenomeni degli anni 90, formando un mix di giovani e vecchi estremamente efficace. Un successo che nasce da lontano non solo con gli stadi di proprietà ma anche con la politica di credere nei settori giovanili.
Nel 2009 in Svezia, i vari Neur, Ozil, Khedira, Hummels, Howedes, Boateng vincevano l’Europeo Under 21 battendo Italia ed Inghilterra; non può essere un caso che gli stessi giocatori oggi sollevino la Coppa del Mondo. Il lavoro paga sempre e su questo dovremmo riflettere.
Germania sopra tutto o come direbbero loro: “Deutschland über alles”.
Kompliment!