Sembra quasi paradossale, ma a pochi giorni da Sassuolo-Empoli -partita valida per la 28.esima giornata del campionato di Serie A-, la stragrande maggioranza del dibattito sportivo attorno alle due squadre non cita neanche di striscio la classifica: non si parla di “lotta per non retrocedere”, nessuna menzione alla “zona calda della classifica”, e le parole “crisi” o “allenatore in bilico” sembrano solo ombre di un antico passato. Ci deve essere un errore. Come è possibile che due delle realtà più piccole della Serie A -specialmente in un periodo in cui le panchine scottano e i presidenti si fanno volatili- possano ritenersi “tranquille” a undici giornate dalla fine del campionato? Eppure è tutto vero.
Quella di Sassuolo e Empoli è una bella storia di calcio, una storia fatta di idee che vengono dalla provincia, ma che con la provincia hanno poco a che spartire.
Attualmente Sassuolo e Empoli viaggiano con 32 e 30 punti, rispettivamente a +11 e +9 lunghezze sulla zona retrocessione, un vantaggio che -sebbene i due allenatori non saranno mai disposti ad ammetterlo- è più che sufficiente per un finale di stagione tranquillo. Tutto questo è possibile grazie a un lavoro che affonda le sue radici in scelte fatte ben prima dell’inizio di questa stagione, ma che non per questo motivo devono essere dimenticate. Le due società hanno puntato forte sui rispettivi allenatori (e con loro sui rispettivi sistemi di gioco), accettando dei rischi non indifferenti (che nel caso del Sassuolo sono quasi costati una retrocessione), e consapevoli del fatto che ci sarebbe voluta una buona dose di pazienza. Ma i risultati si stanno vedendo.
Sarri e Di Francesco, nonostante palmares, età e background totalmente diversi, hanno avuto la capacità, il coraggio e la perseveranza di portare avanti le loro idee di calcio, un modo di giocare veloce, propositivo e divertente, che in molti non ritenevano potesse essere applicato con successo a due squadre cosiddette “provinciali”(fa quasi ridere pensare che in realtà Sassuolo ed Empoli siano le uniche squadre del campionato di Serie A che non rappresentano un capoluogo di provincia). Ma in un campionato italiano dal livello sempre più basso, l’identità che i due allenatori sono riusciti a conferire alle loro squadre è un’arma più che sufficiente per rivaleggiare con squadre che (soprattutto nel caso empolese) in quanto a talento sono certamente superiori. Di Francesco e Sarri sanno cosa vogliono, e così le loro squadre: non è cosa da poco.
Ma limitare la valutazione del successo recente di Sassuolo ed Empoli ai due allenatori sarebbe quantomeno riduttivo: perchè tra quelle scelte sopra citate, una delle più importanti è stata certamente quella di puntare sulla valorizzazione dei giovani. Non mi stupirei affatto se nel giro di qualce anno nomi come Berardi, Sansone, Rugani, Zaza, Sepe, Hysaj e Vrsaljko facessero parte delle rispettive nazionali (a patto che non lo siano già). Le due società hanno puntato molto su prodotti del proprio settore giovanile, o su talenti che in altri lidi avrebbero faticato a trovare spazio; il tutto con il coraggio, la lungimiranza e la pazienza propri della gestione di ragazzi poco più che venteni. Ancora una volta questi risultati sono figli di scelte antiche, che vanno indietro di anni, ma che non per questo non stanno influendo sulla stagione attuale delle due compagini.
Empoli e Sassuolo stanno dimostrando come con programmazione, oculatezza e coraggio si possano ottenere importanti risultati ai massimi livelli, nonostante bacini di utenza limitati e budget (ancora una volta, specialmente nel caso dell’Empoli) estremamente low profile. E sarà dunque molto più che interessante vederle affrontarsi domenica, nel palcoscenico del Castellani di Empoli; per una volta, senza preoccupazioni di classifica.