Se dico “Cavallino Rampante” tutti pensano alla Ferrari, tanti anche al fondatore, Enzo Ferrari, ma credo che in pochi pensino anche a chi il cavallino rampante lo ha “inventato”: Francesco Baracca. È lui, l’aviatore della prima guerra mondiale, che, dipingendo il cavallino rampante sulla carlinga del suo biplano da guerra, inizia una storia che ancora non si è spenta.
Ma partiamo dall’inizio, con l’aiuto della pagina dedicata alla storia dell’emblema dal bel sito del Museo Franceco Baracca: “A Pinerolo, dal 1909 al 1910, Francesco Baracca frequenta la scuola di cavalleria presso il 2° Reggimento “Piemonte Reale” fondato nel 1692 dal Duca di Savoia col motto “Venustus et Audax”. Si tratta di uno dei più prestigiosi reparti dell’esercito italiano e come stemma araldico porta il cavallino rampante argenteo su campo rosso, guardante a sinistra e con la coda abbassata. Francesco Baracca sceglie di adottare, apportando delle varianti, lo stesso stemma del “Piemonte Cavalleria” quale emblema personale per rivendicare le personali origini militari e l’amore per i cavalli.
Il cavallino non appare sui primi aerei pilotati dall’Asso degli assi, ma solo a partire dal 1917 quando viene costituita la 91^ Squadriglia Aeroplani, reparto che avrà in dotazione i più recenti caccia forniti dall’alleato francese: il Nieuport 17 ed alcuni SPAD VII e XIII. Sul lato destro della fusoliera di questi velivoli i piloti usano applicare le loro insegne personali e Baracca adotta come proprio questo cavallino rampante mutandolo da argenteo in nero per farlo spiccare maggiormente rispetto al colore della fusoliera. (…)
A Ravenna, quando Enzo Ferrari, il 16 giugno 1923, guidando l’Alfa Romeo RL-Targa Florio insieme a Giulio Ramponi, vince il primo Circuito del Savio, incontra il conte Enrico Baracca, padre di Francesco, già conosciuto qualche tempo prima a Bologna. Da quel secondo incontro, come lo stesso Ferrari scrive il 3 luglio 1985 allo storico lughese Giovanni Manzoni, nasce quello successivo con la madre, contessa Paolina Biancoli. “Fu essa a dirmi un giorno” – scrive il costruttore di Maranello – : “Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna” (…) “Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica dei genitori con cui mi affidano l’emblema” – conclude Ferrari – “Il cavallino era ed è rimasto nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore di Modena”.
Secondo autorevoli testimonianze, all’origine della scelta di Enzo Ferrari, vi sarebbero l’amore per la poesia di Giovanni Pascoli e la sua ammirazione per la figura di Baracca, maturata nel corso dell’adolescenza. (…). L’effettiva comparsa sulle Alfa Romeo della Scuderia Ferrari avviene solamente il 9 luglio 1932 alla 24 ore di Spa-Francoschamps in Belgio.” http://www.museobaracca.it/Il-Cavallino-Rampante
“Baracca non è tornato! Fu questa la sola certezza che avemmo la sera del 19 giugno del ’18: nient’altro!” disse anni dopo l’asso dell’aviazione, compagno di Baracca, Mario Fucini. Tanti i testi dedicati all’eroe, uno su tutti, del quale allego la copertina, il librettino scritto nel 1919 da Cipriano Diverio.
Ma chi era l’uomo?
“4 giugno 1918
Cara piccola Nora.
Non ho capito davvero la tua ultima lettera del 29; dovevi essere molto nervosa! Per questa volta la straccio e ti bacio, ma già non avevi torto perché non scrivevo più da tanto tempo, ma che vuoi non ho volontà di scrivere, sono tutto il giorno sul campo, non scrivo più a nessuno. Sai che ci attendiamo di giorno in giorno una grande offensiva nemica contro Treviso e ci prepariamo intensamente. Verrà poi il giorno che la faremo noi per ritornare in Udine. Verrai a Padova? Spiegami meglio; sai che io non sono più là ma verrò a trovarti. Scrivimi subito di nuovo. Ti bacio”.
Mi piace pensare di averne colto una scintilla, dell’uomo, non dell’aviatore o dell’eroe, in questo cartoncino scritto di pugno, fitto fitto, sul davanti e sul retro, alla fidanzata solo 15 giorni prima di essere abbattuto nel suo ultimo volo.