In occasione della settimana “Italian Motor Week” che si svolgerà dall’11 al 17 settembre, ParlandodiSport, in collaborazione con il Comune di Fiorano, ha deciso di intervistare Pietro Corradini, storico meccanico che ha lavorato in Ferrari per 30 anni dal 1970 al 2000 (18 anni sulle piste di Formula Uno di tutto il mondo e poi i successivi anni in Ferrari clienti storici. Corradini ha reso grande la Rossa di Maranello, restando dietro le quinte ma svolgendo un grandissimo lavoro nel ruolo di meccanico.
RAPPORTO CON I TIFOSI – “Siamo stati tutti dipendenti, prima di Enzo Ferrari e poi della Ferrari pagati in maniera diversa. Eravamo contenti di seguire la Rossa e la rappresentavamo in giro per il mondo, percepivamo questo piacere e amore per la Ferrari dai nostri connazionali emigrati all’estero. Appena arrivavamo nei circuiti, infatti, non vedevano l’ora di organizzare un momento di festa. Per esempio la famiglia Merlonghi, storica famiglia di emigranti in Sudafrica che ci ospitava sempre dopo il gran premio”.
RAPPORTO CON I PILOTI – “Dipendeva naturalmente da ogni persona, c’è chi era più aperto e chi meno aperto. A quei tempi parlavamo molto il dialetto, non c’era un mix. Brenda, storica segretaria della Ferrari prima di Enzo e Piero Ferrari, ha tentato di fare una scuola d’inglese per i meccanici ma erano più gli spaghetti e le torte che mangiavamo rispetto ad imparare una nuova lingua. C’era sicuramente più sintonia con i piloti che parlavano italiano, mentre con gli altri un po’ meno. Il primo pilota Ferrari che mi viene in mente? Gilles Villeneuve, anche se il suo capo macchina era Paolo Scaramelli che purtroppo non c’è più. E’ rimasto un buonissimo rapporto con tutti, ma il pilote più ‘signore’ è stato Michele Alboreto nonostante venga ricordato poco. E a proposito di mezzi storici, dico che le macchine sono nate per essere in pista. E’ bello vederle nei musei, ma a me fa male quando le vedi piene di polvere e con una gomma sgonfia. Personalmente è fastidioso vederle nelle piazze e nelle sagre, non è il loro posto.
VITA DEL MECCANICO NEI 18 ANNI IN FERRARI – “Durante l’inverno bisognava preparare la macchina per andare ai gran premi e facevamo anche due notti a Maranello senza andare a letto. E successivamente andavamo in pista per i test. Non si vede, ma c’è tanto lavoro dietro e l’obiettivo è fare in modo che la vettura vada bene e che tutto sia perfetto. I dettagli fanno la differenza: una volta le automobili erano più semplici, ora forse è più facile lavorarci sopra rispetto al passato. Ricordi da meccanico? In realtà mi ricordo il guaio che ho ‘combinato’: nel 1981 Canada, il sabato notte prima della gara, ci avevano chiesto di cambiare il motore e io non sono stato preciso nel mio lavoro in quanto si era rotto il tubo dell’acqua che abbiamo poi raddrizzato e riattaccato in qualche modo”.
LA VITTORIA PIÙ BELLA E LA SCONFITTA PIÙ BRUTTA – “Le sconfitte sono tutte brutte e tutte uguali, mentre il successo che ricordo con maggior piacere è stato quello di Gilles Villeneuve in Spagna nel 1981 quando il pilota canadese ha tenuto dietro ogni suo avversario. Quella macchina, tra l’altro, è stata l’unica che Enzo Ferrari non ha voluto vendere in quanto fa parte del DNA della Ferrari ed è ancora presente presso il Museo a Maranello. E’ stata inoltre l’ultima macchina che ho assemblato insieme alla mia squadra. A proposito di Gilles Villeneuve, era un pilota tutto cuore e si divertiva ad andare al massimo”.
PRIMO INCONTRO CON AYRTON SENNA – “Si è svolto grazie ad un emigrante italiano Tino Gallone, che gestiva la pista di go kart a San Paolo vicino all’ippodromo. Non ricordo se è stato nel 1977 o nel 1978. Tino mi ha presentato Ayrton, che andava molto forte con i kart e quindi abbiamo provato a farlo salire sulla macchina per vedere come andava. Successivamente ci siamo visti tante altre volte e in numerose occasioni, quando correva in Formula Ford o Formula 3, si fermava nel nostro box Ferrari per stare vicino a noi e per osservare le nostre vetture”.
FORMULA 1 DI OGGI – “Per renderla più viva e appassionante, bisognerebbe lasciare liberi i piloti di svolgere il proprio mestiere senza le decisioni arbitrali e il ‘Var’ che secondo me sarebbe da analizzare dopo il singolo gran premio”.
FILM DEDICATO AD ENZO FERRARI – “Rappresenta ciò che lui ha vissuto nel 1957, mi è piaciuto. Ho fatto parte delle comparse e sono contento che il regista abbia cercato gente della Ferrari per rendere il film il più realistico possibile”.