di Alessandro Bosi
Ci siamo.
Duecentodiciotto giorni dopo l’inizio della regular season, siamo giunti al momento che ogni appassionato di pallacanestro e non solo stava aspettando: le Nba Finals.
Abbiamo attraversato le acque placide della stagione regolare e quelle più tempestose dei Playoffs, solo per raggiungere questo punto, ma finalmente siamo arrivati e a pensarci bene, è tutto quello che conta.
A tutti coloro che nel corso di questi mesi hanno sacrificato ore di sonno, uscite con gli amici e magari a qualche voto in pagella, vorrei stringere la mano virtualmente. Per tutti gli altri, invece, mi sento solo di dire che se c’è un momento per iniziarsi ad avvicinare al mondo del basket, beh, questo è quel momento.
Alle 3.15 italiane è stata alzata la prima palla a due di queste finali e se il fascino del più grande palcoscenico cestistico mondiale non vi basta, sappiate che a rendere tutto più piccante ci ha pensato il condizionatore dell’AT&T Center di San Antonio che, noncurante di ciò che accadeva al suo interno, ha deciso di rompersi rendendo l’arena texana un vero e proprio inferno.
Passando al basket giocato, i due coach si sono affidati ai quintetti titolari che li avevano portati fino a questo punto, quindi Splitter titolare da una parte, e Rashard Lewis dall’altra.
La partita è iniziata su buoni livelli di intensità non accompagnati, però, dalla classica lucidità con cui le due squadre affrontano le partite. In questo senso è significativo il dato relativo agli Spurs, più inclini di Miami ad aumentare il ritmo per alimentare quella early offense che fa tanto male alle difese avversarie, che nei primi quattro minuti di gara hanno perso ben cinque volte la palla.
Il punteggio è rimasto tutto sommato in equilibrio fino alla metà del primo quarto quando gli allenatori hanno iniziato a pescare dalle panchine.
Gli ingressi di Ginobili e Diaw da una parte e di Ray Allen dall’altra hanno contribuito a delineare quello che sarebbe stato il tema tattico della partita: gli attacchi meglio delle difese. Se da una parte l’argentino ha chiuso il primo quarto con nove punti frutto di tre incredibili bombe da dietro l’arco, dall’altra, il tiratore di Miami ha deciso di rispondere piazzando due triple che hanno fissato il punteggio sul 26-20 Spurs per finire il primo quarto.
Il secondo periodo di gioco si è aperto come si era chiuso il primo; i secondi quintetti delle due squadre hanno alzato notevolmente il ritmo e a beneficiarne è stato lo spettacolo.
Gli Heat sono stati trascinati da un Wade in versione vintage, in grado di arrivare al ferro a piacimento per concludere o far collassare la difesa texana e poi riaprire. La guardia americana chiuderà il primo tempo con dodici punti a referto. San Antonio invece, ha affidato le chiavi del suo attacco privo di Parker, seduto per riposare la caviglia malandata, al solito Manu Ginobili che, a differenza del primo quarto, ha vestito i panni del facilitatore giocando un pick’n roll celestiale soprattutto col brasiliano Splitter.
Il Pick’n roll giocato dall’argentino merita un paio di parole di approfondimento; la difesa di Miami da anni, su tutti i pick’n roll tende a essere estremamente aggressiva (blitzare è il termine di gergo), tattica estremamente rischiosa ma che se effettuate a dovere paga enorme dividendi.
Ginobili, però, è semplicemente il giocatore perfetto per neutralizzare questa tattica e anzi, fare in modo che si ritorca contro Miami in quanto, grazie alla sua altezza/visione di gioco/capacità di passatore riesce sempre a trovare il rollante (altro termine di gergo non troppo lusinghiero) sul taglio verso canestro mettendo l’attacco in condizione di soprannumero dentro l’area. Coach Spoelstra dei Miami Heat dovrà essere in grado di trovare aggiustamenti tattici, magari difendendo in modo più “classico” perché questa è una giocata che ha fatto molto male alla difesa della Florida.
Da segnalare in questo primo tempo, l’ottimo apporto di Marco Belinelli per cui non possiamo che fare il tifo. Sei importanti punti ma soprattutto una calma e una presenza di spirito non indifferenti per un novizio a questi livelli, sono un ottimo punto di partenza per il nostro Marco.
Il primo tempo si è chiuso dunque sul 54-49 Spurs.
Nella seconda metà di gara si è iniziato ad evidenziare il fattore climatico. Fa quasi ridere parlare dell’influenza del clima per una partita di basket all’interno di un palazzetto all’avanguardia come quello di San Antonio, ma effettivamente il suo peso lo ha avuto. Sin dai primi minuti di gioco non è stato difficile vedere giocatori, allenatori, tifosi sventolare asciugamani o fazzoletti per trovare un pizzico di refrigerio in quella fornace che era diventata l’arena degli Spurs. Siamo riusciti ad arrivare al terzo quarto senza aver nominato Lebron James poprio perché il re (così viene soprannominato), era stato leggermente tangenziale alla partita o se non altro, meno incisivo del solito. Qualche palla persa di troppo e un paio di problemi al tiro ne avevano limitato la prima parte di gara, ma in quarto terzo quarto mette a referto dieci dei suoi venticinque punti finali. Chi più di tutti, però è sembrato incurante del caldo afoso all’interno del palazzetto è stato Ray Allen. La guardia tiratrice degli Heat, nonostante la carta d’identità reciti 39 anni (39!!!!) gioca un quarto clamoroso facendo impazzire la difesa di San Antonio con le sue uscite dai blocchi, segnando e mettendo a segno la giocata della partita; dopo una palla rubata nella propria area, si mangia il campo in poche falcate, regge il contatto di un impotente Belinelli e schiaccia sulla testa di Danny Green con una potenza che farebbe invidia a un venticinquenne. Se non l’avete ancora vista, correte a farlo.
Il quarto si chiude sul 78-74 in favore di Miami e sull’onda lunga della giocata di Allen sembra che la partita possa prendere la direzione della Florida. L’inizio del quarto e decisivo quarto sembrano confermare questo trend e dopo un gioco da quattro punti di Chris Bosh gli Heat si ritrovano in vantaggio di sette lunghezze con meno di dieci minuti sul cronometro. Tutto sembra andare per il meglio per la squadra di coach Spoelstra ma, complice il caldo diventato ormai insopportabile, la stella della squadra, sua maestà Lebron James è costretto ad uscire per dei crampi che non gli consentono neanche di stare in piedi. La squadra si disunisce e commette qualche errore difensivo, permettendo a San Antonio di entrare totalmente nel flusso del suo attacco da cui non uscirà più. Negli ultimi dieci minuti gli Spurs allestiscono uno spettacolo di basket offensivo incredibile che gli permette di chiudere la partita con un parziale di 31-9. A brillare è soprattutto Danny Green, autore di undici punti nell’ultimo quarto. Silenziosissima ma fondamentale per la squadra texana è anche la prova del 38enne Tim Duncan che mette a referto ventuno punti, dieci rimbalzi tirando col 90% dal campo (primo giocatore dal 1972 a farlo). Per questi giocatori sembra che il tempo si sia fermato.
La serie è appena iniziata ma ci ha già regalato una valanga di emozioni e non ci resta che sperare che il proseguo sia all’altezza.