Nell’immagine famiglie di partito guelfo e ghibellino.
La “bimillenaria” via Emilia unisce; l’accento divide. Pochi chilometri si trasformano in una distanza enorme quando si parla delle affinità tra Modena e Bologna. Due città così vicine geograficamente e così lontane al contempo per ragioni storiche e culturali; una rivalità, nata in epoca medievale, che si respira ancora oggi in tutto il territorio emiliano. Eppure, in questo clima di astio reciproco, è lo “zemian” che vive la contesa in maniera del tutto viscerale, individuando nel limitrofo bolognese l’antagonista numero uno delle sue avventure quotidiane.
15 novembre 1325: una data che ogni modenese dovrebbe, per amor di patria, custodire meticolosamente nei meandri del proprio cuore e scrivere su un post-it da attaccare al frigorifero, specie quando si tratta della settimana del derby. Poco più di 5000 fanti accompagni da 2000 valorosi cavalieri di origine germanica e sangue gialloblu si schieravano intorno alle colline di Monteveglio con il solo obiettivo di rispedire tra le mura petroniane addirittura 40.000 unità guelfe. Quel pomeriggio d’autunno l’evidente superiorità felsinea non bastò a fermare l’avanzata dell’armata ghibellina, la quale si prese gioco dell’esercito ostile. Una volta giunte alle porte della “urbe” nemica, le milizie modenesi non tentarono l’assedio alla città, ma si limitarono a schernire gli sconfitti organizzando per quattro giorni consecutivi palii e banchetti fuori dalle mura rivali. Come se, per intenderci, la Curva Montagnani si facesse beffa dell’intero Juventus Stadium cantando “Per un pir, un pam, un persec,…”. Qualcosa di straordinariamente leggendario da preservare nelle antologie della città nei secoli dei secoli; qualcosa che, per ogni canarino, è senz’altro bello raccontare con la testa alta ed il petto gonfio d’orgoglio. Il trofeo sotto la Ghirlandina, ossia la “Secchia rapita” appena fuori da porta San Felice, fu poi celebrato in maniera grandiosa da Alessandro Tassoni nell’omonimo poema ed è, tutt’oggi, motivo di incomparabile fierezza per tutti i cittadini modenesi.
Ed è forse proprio grazie a questa “eroica” impresa, decantata dal Tassoni, che la concorrenza tra le due città è più sentita dalla sponda geminiana. Una competizione della quale l’altezzoso bolognese non vuole sentir parlare per via della suo storico predominio culturale, dettato dall’università più vecchia al mondo. C’è chi, nella terra di San Petronio, considera il “vero” derby quello coi bianconeri romagnoli; e chi, invece, soprattutto nelle provincie di Bazzano e Castelfranco sogna di “svegliarsi una mattina e non veder più la Ghirlandina”.
Ci si prende in giro anche nel nuovo millennio tra emiliani, ci si prende in giro da quella sera di 700 anni fa. Il cittadino modenese non si preoccupa più di tanto se è “snobbato” dal cugino colto; perché un derby è sempre un derby, ed in quello emiliano i numeri contano pochissimo; la storia della “secchia rapita” ce lo insegna.