di Alessandro Troncone
Se si volesse usare un’espressione specifica per descrivere il girone di andata del Carpi, questa sarebbe: “sofferenza totale”. Lo si sapeva sin dai primi giorni di luglio, quando dalle parti del Cabassi è andata in scena l’ennesima rivoluzione estiva, questa volta decisamente più massiccia delle scorse stagioni. Con l’addio di Jerry Mbakogu, i biancorossi salutano l’ultima buona fetta di “Immortali”, ad eccezione di capitan Poli, Cico Concas e Pasciuti, ancora colonne portanti di questa squadra. Arrivano diversi giovani in cerca di riscatto come Piscitella, Piu, Wilmots e giocatori esperti per la categoria come Arrighini, Mokulu, Pezzi e Suagher. Rivoluzione totale anche dietro le scrivanie. Il patron Bonacini si affida a Stefano Stefanelli nel ruolo di DG, subentrando a Matteo Scala, che dopo 6 anni vola a Bari. Ma il cambio più sorprendente arriva in panchina. Via Calabro che tra polemiche ed un rapporto mai sbocciato con la tifoseria, lascia il posto a Marcello Chezzi, tecnico ex Castelfranco e che mai aveva calcato campi di C e B. La rivoluzione voluta dalla dirigenza si verificherà presto fallimentare. La partenza dei biancorossi in campionato è da brividi. Tre sconfitte consecutive con Foggia, Cittadella e Verona, nove gol subiti e ultima posizione. Nemmeno il tempo di accomodarsi che per Chezzi è già tempo di salutare e di lasciare spazio a chi a Carpi ha fatto la storia. Il 19 settembre Fabrizio Castori torna ufficialmente a casa, lì dove aveva compiuto un autentico miracolo e dove dovrà provare a compierne un altro. Parola d’ordine: fiducia. Come nei migliori film, altro debutto non poteva che essere al Cabassi, nel giorno in cui si affrontano Carpi e Brescia. Castori conquista il primo punto della stagione e ritrova un Carpi operaio e voglioso di lottare fino all’ultimo pallone. Così sarà anche a Perugia pochi giorni più tardi dove addirittura arriveranno i primi 3 punti. Ma proprio nel momento in cui la cura Castori pare stia funzionando, ecco emergere tutti i limiti degli emiliani prima a La Spezia e poi in casa con il Cosenza. Entrambe le volte in vantaggio, entrambe le volte recuperati (e battutti, nel caso della sfida con lo Spezia) forse per paura, forse per timore, forse per una maturità che tarda ad arrivare. La zona rossa è dietro l’angolo. Ottobre sarà un mese tremendo: la truppa di Castori cade prima ad Ascoli e poi malamente in casa col Palermo, nella peggior prestazione mai vista da alcuni anni a questa parte. Ma sarà proprio la sfida con siciliani a segnare una mini svolta all’interno dello spogliatoio. I senatori ci mettono la faccia e promettono di rialzarsi. Tempismo perfetto perchè novembre porta in dote un trittico complicato con due sfide salvezza con Crotone e Padova, intervallate dalla partita del cuore con il Benevento di Gaetano Letizia. Il Carpi ne esce a testa altissima, conquistando cinque punti e mostrando cuore e solidità, un po’ come piace a Castori. Ma il dicembre biancorosso non può far star tranquillo nemmeno il più pacato dei tifosi. L’undici di Castori scopre il talento cristallino di Machach, ma proprio non riesce a dare quella continuità che serve per raggiungere l’obiettivo salvezza. Il Lecce passa al Cabassi, il Pescara vince all’Adriatico. Il Carpi non segna, ci va vicino ma i gol di Arrighini e Mokulu non si vedono da troppo tempo. La sfida con la Salernitana vale come una finale, per la classifica e per quel tabù Cabassi dove il Carpi non vince da oltre otto mesi. Ci pensano i senatori, quei Pasciuti e Concas che abbattono la Salernitana e ridanno nuova linfa ad una squadra spaventata. Prima di Natale il Carpi sbanca a Cremona e lo fa compiendo una prestazione stoica, in 11 contro 10. Salta il banco, Castori arriva alla sfida clou con il Livorno di Santo Stefano nella miglior condizione. Ma, come detto in apertura, l’espressione “sofferenza totale” è lo slogan della stagione del Carpi e con i toscani, in un freddissimo 26 dicembre, succede l’inverosimile. La squadra di Breda annienta i biancorossi con 4 reti, senza scusanti e senza giustificazioni. Una batosta che preoccupa, le montagne russe non sono mai piaciute a Castori e per salvarsi serve costanza e continuità. Il 2018 si chiude con un brodino a Venezia, 1-1 e arrivederci al 2019 che al Carpi ha già regalato Anton Kresic, rinforzo difensivo arrivato dall’Atalanta. Ma più che di innesti, di qualità o meno, i biancorossi dovranno ritrovare ciò che ha contraddistinto questa squadra da sempre: la voglia di stupire, ancora una volta. La classe operaia dovrà tornare al potere, Castori è pronto a riscrivere una nuova pagina della sua storia carpigiana.