Pietro Peia è una di quelle persone che a Modena conoscevano tutti, tutti quelli, e sono una marea, che amano il Volley.
Si perché a Modena il Volley non è solo uno sport, è qualcosa di molto più grande, e a parlare con Peia beh… cos’era davvero la pallavolo lo capivi in fretta.
Lo ricordo quando ero tifoso, da dirigente, ma il ricordo più nitido, forte e chiaro di lui risale al 2012, nella sala stampa del PalaPanini, da giornalista.
Grani lasciava la società e in una conferenza assolutamente drammatica, perché il momento era oggettivamente drammatico, al suo fianco c’era Pietro. La telecamera di Antenna Uno aveva il filo del microfono corto, cortissimo e io mi sedetti a un metro da lui, in prima fila, stetti tutto il tempo davanti a un uomo che sapeva che stava mettendo in gioco la sua vita per la pallavolo e per la sua città.
Non so quanto duró quella conferenza, so che ancora oggi quando qualcuno non capisce perché lo sport è molto più di una passione, racconto quel pomeriggio del 2012.
Pietro Peia non amava stare in prima fila, mai, ma in quella occasione decise che era giusto farlo, che doveva spiegare a Modena e ai modenesi che “mi sento come uno lanciato da un aereo senza paracadute, non c’è un motivo logico per cui io porti avanti questa società, ma penso fermamente che il Volley a Modena debba sopravvivere. Statemi vicino, non abbandonateci, voi tifosi, voi sponsor e autorità, non abbandonate questa società”.
Furono minuti lunghissimi, di parole, le sue, e di silenzi, i nostri, che a un certo punto smettemmo di fare domande, Peia aveva deciso che la pallavolo a Modena non doveva morire, e così fu, la salvó.
In questi anni a MV ho rivisto centinaia di volte Pietro al Palazzo e oggi quanto mi dispiace non avergli mai detto grazie per quello che fece in quel 2012, per il Volley, per Modena, per tutti noi.