L’arrivo sulla panchina gialloblù di Hernan Crespo ha determinato un certo risalto mediatico, in questo caso la Gazzetta dello Sport, con l’intervista realizzata da Andrea Schianchi, ha delineato l’identikit perfetto del Valdanito, che nelle righe riportate di seguito, affronta vari temi, tra cui i propri concetti base, i modelli da seguire e le prime sensazioni riguardanti la nuova esperienza.
«Mi chiamo Hernan Crespo, faccio l’allenatore e risolvo problemi». Per cominciare la sua nuova vita Valdanito sceglie le parole che il signor Wolf pronuncia nel film «Pulp Fiction». Sedersi sulla panchina del Modena, in serie B, sarà la prima esperienza da tecnico dei «grandi»: finora ha avuto a che fare con i ragazzini della Primavera, anche se in un anno tribolato e per molti versi istruttivo come quello trascorso al Parma. Ma guidare un gruppo di adulti è un’altra cosa, «serve un altro approccio – dice l’argentino – e, da un certo punto di vista, è forse più facile. Un ragazzo, a volte, fai fatica a motivarlo, a fargli capire l’importanza del momento. Con un adulto, con un uomo che deve portare a casa la pagnotta, probabilmente è più semplice».
Crespo, si sente pronto per tuffarsi nel fuoco?
«Prontissimo, e non ho paura di bruciarmi. Ai dirigenti del Modena, al presidente Caliendo e al direttore sportivo Taibi, ho detto: “Voi datemi la macchina, tocca a me svilupparla”. Un pó come succede in Formula Uno».
Che cosa significa?
«Che mi fanno ridere gli allenatori che partono dicendo “giocheremo con il 4-3-3 o con il 4-4-2 o con il 3-5-2” e magari non sanno ancora quali elementi avranno a disposizione. Il mio approccio è diverso: io osservo il materiale, poi decido quale modulo adottare».
Sarà un allenatore «elastico», dunque?
«L’allenatore moderno deve essere preparato ad affrontare tutte le situazioni. E, soprattutto, deve saper coinvolgere i giocatori».
Quali sono i concetti-base del suo calcio?
«Alta intensità, aggressività e gioco rasoterra. Non mi piace quando i miei buttano il pallone in avanti a casaccio. Può capitare, ci mancherebbe altro, ma non deve essere un’abitudine. La mia squadra, spero di riuscirci, dovrà essere padrona del campo».
Che cosa chiede alla sua prima stagione con il Modena?
«Una salvezza tranquilla. Ma poi mi conosco, lo so che non basta, voglio sempre fare un passo in avanti…».
È vero che si è ridotto lo stipendio per consentire alla società di prendere un collaboratore tecnico in più?
«I soldi non sono la mia priorità. Io investo su me stesso, voglio capire se posso fare l’allenatore per tutta la vita».
Com’è Crespo nello spogliatoio? Un duro?
«Quando ci vuole un urlaccio, non mi tiro indietro. Ma l’importante è conoscere a fondo i propri giocatori e andare a toccare quelle corde che possono aiutarli a migliorare. Il mio compito è quello di risolvere problemi ai miei ragazzi».
Ci può spiegare meglio?
«Semplice: in campo, ve lo dice uno che c’è stato per parecchio tempo, ti trovi spesso di fronte a situazioni complicate, e l’allenatore deve dare ai giocatori gli strumenti per arrivare alla soluzione. Con i ragazzi della Primavera del Parma, nella stagione appena conclusa, qualche problemino l’ho risolto: sia tecnico sia, diciamo, logistico. Avere a che fare con una società in corso di fallimento non è proprio il massimo, eppure siamo arrivati a un passo dai playoff».
Quali sono i suoi modelli?
«Tre nomi: Ancelotti, Mourinho, Bielsa. Sono stati tutti e tre miei allenatori. Da Mourinho cerco di prendere l’aspetto della motivazione, come ti carica lui non ti carica nessun altro. Ancelotti lo ammiro per il rapporto che riesce a costruire con i suoi ragazzi, tutti gli vogliono bene e danno il duecento per cento. Bielsa, invece, è fantastico quando si tratta di migliorare tecnicamente e tatticamente un giocatore. Io, quando ero con lui in Nazionale, ho imparato tantissimo».
Che cosa si aspetta dalla gente di Modena?
«Nulla, tocca a noi coinvolgere i tifosi. E lo si fa in un solo modo: con l’impegno, la fatica, il sudore. I tifosi ai giocatori non chiedono di fare dieci tunnel a partita: si accontentano di vederli correre e lottare. Poi, se ci sono anche i piedi buoni, è meglio. Ma, prima di tutto, ci vogliono la serietà e l’impegno: dobbiamo rispettare la gente che paga il biglietto per venirci a vedere. Credo che il calcio sia una cosa semplice: il pubblico non pretende che tu sia Cristiano Ronaldo o Messi, se non ne hai le qualità, ma vuole che tu, in ogni momento della partita, ti danni l’anima come faceva il mio amico Rino Gattuso. Il segreto è tutto qui».
L’IDENTIKIT di Hernan Crespo, nato a Florida (Argentina) il 5 luglio 1975
CARRIERA DA GIOCATORE
Ha cominciato nelle giovanili del River Plate, a Buenos Aires. Arrivato in prima squadra e conquistato un posto nella Nazionale argentina, nel 1996 si è trasferito in Italia, al Parma. In Emilia è rimasto fino al 2000. Nell’estate di quell’anno è stato ceduto alla Lazio. Poi ha giocato con l’Inter, con il Chelsea, con il Milan (con cui ha disputato, segnando una doppietta, la finale di Champions persa a Istanbul nel 2005), ancora con il Chelsea, ancora con l’Inter, infine con il Genoa. Nel gennaio 2010 il ritorno a Parma dove ha chiuso la carriera ed è stato eletto «gialloblù del secolo».
CARRIERA DA ALLENATORE
Ha guidato la squadra Primavera del Parma nell’ultima stagione portandola al sesto posto. Ora sbarca al Modena con tanto entusiasmo e voglia di stupire.