Dopo la vittoria agli ottavi contro l’Algeria, la Germania di Joachim Loew si affaccia ai quarti di finale della manifestazione iridata come favorita al titolo, con buona pace della nazionale brasiliana. Cosa rende, dunque, i tedeschi la squadra da battere?
“Il calcio è uno sport semplice: si gioca in undici contro undici e alla fine vincono i tedeschi” diceva Gary Lineker, leggendario attaccante inglese di fine anni ’80. Con questa dichiarazione il vecchio Gary, oltre a consegnare alla letteratura sportiva una delle più indimenticabili frasi di sempre, sottintende una qualità innata a tutti i teutonici, quasi intrinseca nel loro DNA: l’incapacità di accettare una sconfitta. Sarà un caso, ma in tutti i successi più o meno recenti di squadre tedesche (nazionale o club fa poca differenza), c’è sempre stato un momento in cui c’era bisogno di “sfangarla” e loro ci sono sempre riusciti. Non importa essere i migliori, i pù bravi tecnicamente, i più forti fisicamente o i più ordinati in campo. Non è mai importato. Nel calcio, l’unica cosa che conta è riuscire a segnare un gol in più degli avversari e in questo particolare fondamentale i tedeschi sono tra i migliori al mondo. Non è un caso che sia stata proprio la Germania a sconfiggere quelle che tutt’oggi vengono considerate le “grandi perdenti” della storia del mondiale (Ungheria ’54 e Olanda ’74), due delle più divertenti e innovative fabbriche di futbol che l’uomo ricordi. Perchè quando c’è da vincere una partita, e ancora di più un mondiale, i leziosismi vanno nel cestino e conta solo buttarla dentro. La sfida contro l’Algeria ne è un perfetto esempio.
Certo, la nazionale di oggi è una squadra molto moderna e versatile, lontana parente dello stereotipo di calcio tedesco fatto di muscoli e palloni lunghi. Basti pensare alla partita di ieri e ci si accorge immediatamente che la Germania può permettersi di schierare contemporaneamente Ozil, Kroos, Muller e Gotze senza perdere di equilibrio ma anzi instaurando un dominio del gioco fatto di possesso palla, interscambiabilià di ruoli, verticalizzazioni rapide e recupero palla aggressivo. Può vantare il miglior portiere in circolazione, che oltre a essere un fenomeno tra i pali, copre più campo di quanto non si sognino la metà dei difensori del mondo. Può permettersi di schierare Lahm e Schweinsteiger (provate voi a scriverlo senza errori), due dei più completi e versatili giocatori box to box del panorama mondiale. Può permettersi di lasciare in panchina i vari Schurrle, Klose e Khedira che guarda caso sono quelli che entrano e risolvono le partite più complicate. Ha perso Marco Reus, uno dei suoi giocatori migliori, ma sembra che nessuno se ne sia accorto.
Malgrado tutta questa qualità, non stupitevi se quando ci sarà da decidere una partita, i tedeschi lasceranno il gioco frizzante ritornando alla loro storica praticità. Un rimpallo, un autogol, un gollonzo, valgono come un tiro sotto l’incrocio o una magnifica azione corale. Vale sempre uno. La Germania attende un titolo internazionale dal 1996, e se Lineker avava ragione, potrebbe essere la volta buona.