Perché solo Damiano Tommasi ha avuto il coraggio di esporsi a proposito dell’aspirante Presidente Federale? Dove sono gli Uomini del nostro calcio “con le palle”? Il presidente della FIGC non è altro che l’espressione del calcio italiano; viene eletto dai presidenti, non sale al trono da solo. Qualcuno l’ha per caso dimenticato? In qualsiasi paese del mondo, il massimo esponente della Federcalcio che nel discorso di esordio parla di “Opti Poba” e delle “banane che mangiava”, viene mandato a casa a calci nel sedere senza “se” e senza “ma”. Perché in Italia questo non avviene? Perché i grandi elettori di Tavecchio sono stagnati nell’indifferenza? Il concetto dei troppi stranieri nel nostro calcio non poteva essere espresso in maniera più triste. Tra ieri ed oggi Sampdoria, Sassuolo e Torino, resisi conto della gravità della situazione hanno seguito le orme della Fiorentina, prima società a dissociarsi dalle parole incriminate; ma ciò che fa più male è il fatto che le compagini che abbiano preso posizione, dopo ben tre giorni dalla conferenza del presidente della Lega Nazionale Dilettanti, siano un numero esiguo. Poche ore fa infatti, il presidente della Roma, James Pallotta, ha espresso il suo disappunto dopo quanto accaduto. È servito dunque un americano a sottolineare come questa situazione sia imbarazzante ed umiliante per tutti gli italiani. Siamo il paese che multa i bambini che urlano “oooh merda” al rinvio del portiere avversario e che fa apparire il termine “napoletano” come discriminatorio; siamo il paese che per anni ha vissuto di sfottó tra tifoserie ed oggi chiude le curve, negli stadi deserti, senza alcun criterio logico. Come possiamo essere indifferenti davanti a tali dichiarazioni? Come può questo “signore” rappresentare la nostra Nazione sempre più multietnica? Poco importano i “passi indietro” e le giustificazioni. Non può valere, per l’ennesima volta, la scusa che l’Italia è il paese delle contraddizioni. Adesso basta. C’è un’enorme spaccatura tra società, tifosi e Federcalcio. Questa asimmetria comunicativa ci logora anno dopo anno e, per invertire la rotta, è necessario avere al vertice della FIGC una persona competente, umana e di cultura importante. Nonostante un programma interessante e parzialmente condivisibile, Tavecchio ha dato dimostrazione di non rientrare in questi parametri. Abbiamo dirigenti affidabili come Albertini, personaggi straordinari come Baggio e Del Piero, persone valide che si sono già distinte sul campo nella loro carriera. Si parla di una generazione che può cambiare il nostro calcio ed è già pronta. Avanti signori, avanti il prossimo. Caro signor Tavecchio, si faccia da parte per il futuro del nostro paese e del calcio italiano.
Ripartire da persone di cultura; Tavecchio non può essere il futuro del calcio italiano
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