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Quattro anni fa i serbi guidati dal pluriprocessato Bogdanov infuocavano Genova; domenica scorsa invece, i “tifosi” croati conquistavano il Tempio del calcio con fumogeni e petardi. Se l’ex Jugoslavia ci avesse dichiarato guerra, l’avrebbe vinta in un paio di giorni; questo è un dato di fatto. Non un membro della Federazione che abbia alzato la voce contro questi facinorosi; non uno! Come al solito noi italiani restiamo a guardare, passivi agli eventi.
Chi ha il calcio nel cuore ha un ricordo tragicamente limpido di quella sera del 12 ottobre 2010. A causa delle loro ripetute intemperanze nel settore ospiti, Ivan “il terribile” e dei folli hooligans della Stella Rossa fecero sospendere la partita tra Italia e Serbia valevole per la qualificazione ad Euro 2012. Quel giorno, allo stadio Marassi, prevalse il buon senso: gara sospesa dal direttore di gara, e dunque persa 3-0 a tavolino dalla nazionale dei balcani. Uno spettacolo senza ombra di dubbio raccapricciante per il calcio internazionale, ma al contempo una presa di posizione encomiabile da parte delle autorità italiane e dell’arbitro Thomson nel non giocare la partita.
A distanza di anni nulla è cambiato. Fa male, ancora una volta, perchè ci ritroviamo a fare i conti con la vergogna e l’ipocrisia del bel paese. È un film già visto con un epilogo leggermente diverso e, a mio avviso, difficile da digerire. Nico Kovaz, allenatore croato, chiede scusa all’Italia per il comportamento degli ultras di Zagarbia quando di alibi, in questo momento, non vogliamo sentire parlare. Eppure i tifosi croati non sono gli unici colpevoli della notte di San Siro.
Inspiegabile come pistole lanciarazzi e bengala di ogni tipo siano entrati all’interno di uno degli impianti sportivi più “sicuri” d’Italia; quando nel campionato di Serie A, al giorno d’oggi, è difficile entrare sugli spalti con un accendino. Inspiegabile come l’arbitro Kuipers non abbia avuto il coraggio di interrompere definitivamente la partita e dare quindi un segnale forte a tutto mondo del pallone.
Inspiegabile una serata del genere, l’ennesima nella storia recente.
Bisogna cambiare mentalità; bisogna credere che il nostro paese, e quindi il nostro calcio, possa fare un passo in avanti. Bisogna farlo tutti insieme, a partire dalle piccole cose. È giunto il momento di educare i bambini ad una nuova cultura sportiva che non tolleri i violenti, arginare i criminali e ricominciare.