Modena, 21 maggio 2016
di PAOLO REGGIANINI, Il Resto del Carlino
Arrivando ieri sera a Novara mi ronzava nella testa un nome. Quello di tale Firicano, un calciatore degli anni ottanta che un bel giorno a Udine, con un missile da fuori area, condannò il Modena alla serie C. Fu una mazzata perché ancora oggi non ho capito se in campo si erano messi d’accordo con un patto di non belligeranza, oppure se quella fu una partita vera. Come quella di ieri sera. Quel nome, Firicano, è rimasto sempre nella testa dei modenesi non più giovanissimi come il giustiziere di un Modena modesto che poi si inabissò nel calcio, quello anonimo. Lo stesso che rischiamo di dover tornare a digerire da questa mattina.
Adesso al posto di Firicano, metterò Abisso che anche lui, con un colpo basso, ha spedito il Modena all’inferno. Questa l’apparenza, perché i poveri canarini (poveri noi che resistiamo, non certo quelli che spariranno dai nostri radar) non sono retrocessi per colpa di un arbitro.
Da due anni Caliendo e i suoi assistenti poco capaci, hanno scherzato col fuoco portando sotto la Ghirlandina, senza uno straccio di programmazione, giocatori impresentabili. E con loro un allenatore come Crespo che ha iniziato l’opera di distruzione. La firma sotto il verbale della retrocessione la mette Cristiano Bergodi. E forse non è giusto, anche se chiude con un modesto bottino di 7 punti in 9 gare.
Da oggi inizia un nuovo capitolo. Caliendo pare aver minacciato di voler andare avanti. Gli suggeriremmo di fare un passo indietro. Dopo questo fallimento, non può essere lui il futuro. Già, quale futuro? In quale categoria? Con che gente al timone? Non ci sono risposte. Il Modena aveva lasciato la serie C nel 2001. Ci torna 15 anni dopo. Ci siamo divertiti, ma questo verdetto era scritto da tempo. Una brutta pagina dello sport gialloblu. E tanti cari saluti a Firicano.
Tra molti anni qualcuno forse ricorderà Abisso. Ma il timore e che l’unico nome che resterà nella memoria di tutti sarà quello di Caliendo. Il giustiziere.
Modena, 22 maggio 2016
di PAOLO VECCHI, Gazzetta di Modena
“Crespo non si è comportato da professionista” – ha dichiarato Antonio Caliendo – nel commentare a caldo la retrocessione in C. Voleva essere un’accusa al tecnico scelto in estate, ma in realtà è la grande ammissione di colpa di una società fantasma. Chi ha scelto Crespo? Chi doveva accorgersi che il Gaucho, se è vero, non stava lavorando con professionalità e semmai allontanarlo prima ancora che lo facesse platealmente la moglie dopo la sconfitta col Cagliari? Normalmente, una società. Ma quale società? Caliendo si trincera dietro i due mesi di assenza per l’operazione al cuore, ma il ds Massimo Taibi dov’era? Se la situazione era così grave, un uomo di calcio avrebbe dovuto accorgersene subito. E se lo ha fatto perchè Caliendo ha lasciato che la situazione precipitasse? Il Modena era partito bene, Crespo, al di là dell’operazione di immagine, presentò inizialmente un buon Modena. Che fuori le prendeva, ma almeno in casa giocava e le dava. Lo vedevano gli abitueè dello Zelocchi che il Modena lavorava poco nelle rare volte che venivano lasciate aperte le porte del campo; possibile che in società nessuno se ne fosse reso conto? Possibile, perchè una società non è mai esistita. E non ha mai appoggiato Crespo che a un certo punto, di fronte ai mille problemi, alle docce fredde dopo gli allenamenti, a trasferte allucinanti per carenza di soldi, al nulla sul mercato, deve aver mollato gli ormeggi. La squadra se n’è accorta e appena Zamparini ha ingaggiato Novellino impedendo un ritorno di Monzon, a La Spezia e in casa col Como, due partite ignobili, ha provato a far secco Crespo. Che ha cercato di stanare i giocatori con comunicati farsa, ma la frittata era fatta. Il castello costruito sulla sabbia era crollato. Bergodi è arrivato a nove giornate dalla fine trovando un gruppo allo sbaraglio nella testa e nelle gambe: ha provato a metterci la pezza, ma le falle erano troppe. Soprattutto dal punto di vista tecnico. A Novara erano in campo Nardini, Osuji, Stanco e anche Luppi, l’unico a salvarsi con Manfredini per i 9 gol segnati, uomini che nell’era dei playoff con Novellino erano stati spediti via e di sicuro non avrebbero fatto i titolari. La società non aveva un programma come invece l’Entella compagna di playout nella passata stagione, vicina ai playoff in quella attuale: il mercato estivo ha portato solo un acquisto azzeccato, Daniele Giorico, il resto tutta roba di recupero, giocatori rotti, reduci da infortuni pesanti e inaffidabili sotto l’aspetto fisico. Scommesse, scommesse perse. A gennaio bastavano due o tre mosse serie per rendere il Modena più competitivo alleggerendolo anche di una serie imponente di giocatori in sovrannumero. Sono arrivati Bertoncini, Crecco e Camara, quasi mai utilizzati, a compensare la cessione di Thiago Cionek, una bandiera insieme a Granoche, Nizzetto e Olivera. Il Diablo ha toppato di brutto, non era prevedibile, ma può accadere: dietro di lui il nulla. E quando si è scoperto che c’era un portiere, Manfredini, è avvenuto solo dopo il numero di partite giocate da farfallino Provedel utile per assicurarsi il premio di valorizzazione dal Chievo. Gli altri giovani prelevati erano di tal spessore (vedi Marchionni) da non essere nemmeno valorizzabili. Non era una squadra da finire giù sparata, nemmeno da posizioni importanti, ma se ben gestita, anche sul mercato, da una società seria e presente avrebbe potuto salvarsi serenamente. Il vuoto in società si è trasferito progressivamente in panchina e sul campo e la serie C ne è la logica conseguenza. Ed è la condanna di un gruppo autolesionista che ha scialacquato l’impossibile: bastava tenersi i due punti
persi a Como, poi a Vercelli e in casa col Cagliari per essere salvi. Non è stata una stagione fortunata con gli arbitri, ma lasciamo perdere. Di fronte al nulla del Modena anche gli errori dei fischietti diventano insignificanti. Il Modena è in serie C e l’ha meritata.