21 ottobre 2001.
Una data che può non significare nulla per molte persone, ma che per me è l’inizio di una storia. Ognuna delle persone che vivono di stadio porta dentro di sé una data come questa. Una data che si imprime nella propria storia personale da tifoso. Una storia non più fatta delle banalità del calcio vissuto dal divano di casa o dai tavoli dei locali, ma con lo strumento della voce e la bellezza del Gruppo. Uniti nel bene e nel male.
Quella che leggete sopra è la data di Scandiano-Carpi, campionato di Eccellenza 2001-2002. La domenica in cui, stanco delle solite partite in TV e delle noiose rubrichette pseudo-scandalistiche da moviola, decisi di chiedere ad un amico incontrato per strada dove giocasse il Carpi nel pomeriggio. Erano passati i vecchi fasti della “B” sfiorata, il Carpi era precipitato nel calcio dei campetti di periferia. Ne seguivo i risultati sui giornali e poco più. Ma, quel giorno, fu un giorno diverso. Diverso perchè era il momento, per me, di seguire qualcosa in condivisione con altri ragazzi che ancora non conoscevo, ma con cui condividevo di certo un’identità. E mi ritrovai lì, in una bella giornata ottobrina, insieme ad altri 15 tifosi sì e no. A seguire un calcio per me nuovo, fatto di partite (viste da dietro le recinzioni o, addirittura, le siepi) in campi sportivi senza tribune, cantando insieme i primi cori con una birra fresca in mano. Il risultato del giorno fu 1-0 per il Carpi, ma che importa oggi? Ciò che importa è cosa mi porto dentro IO dopo quel pomeriggio. O cosa si porta dentro la gente che, come me, ha deciso all’improvviso di trasformare un pomeriggio immerso nella noia nell’inizio di una vita fatta di passione genuina. Di voglia di condividere gioie e dolori. Canti e lacrime. Di “macinare i chilometri e superare gli ostacoli”.
Alla fine, dopo 13 anni, la sofferenza e la gioia sportive sono state come il bilancio degli episodi alla fine di un campionato: 50 e 50. Ma le giornate passate a tifare incessantemente i nostri ragazzi, le serate dei ritrovi a preparare trasferte verso ogni dove e striscioni per ogni occasione, i cori nelle piazze e lungo le vie: tutto questo non ha uguali per intensità. Al di là di ogni risultato sportivo, di ogni promozione fino alla serie “B”. Ed è la gioia più grande che una vita come la nostra (che considero il solo modo di vivere DAVVERO il calcio, tanto è vero che non seguo nemmeno più il calcio “maggiore”) può dare, perchè crea legami forti tra i compagni, genera solidarietà reciproca, sintonia, e stringe tutti intorno ad un valore comune: la propria identità, rappresentata dai propri colori. Usando, ognuno, il proprio cervello.
Nel corso degli anni tanti altri giovani si sono prima avvicinati, poi appassionati, infine innamorati del nostro Carpi e della vita che tutti insieme gli dedichiamo in curva. E si sono accostati alla curva perchè lì hanno sentito il cuore pulsante del tifo e del Carpi. Tanti altri giovani hanno cominciato a condividere il loro tempo con “i vecchi” per il piacere di stare uniti e collaborare. Nessuno di loro ha mollato, tutti hanno creato pezze nuove e sono sempre tra i più attivi e disponibili per il Gruppo. Ed è questo che, oggi, in una desolazione fatta di calcio televisivo, spezzatini, diffide, controlli demenziali e di pseudotifosi professionisti della lamentela, mi dà e ci dà forza. La consapevolezza che, al di là di ogni promozione o retrocessione, di ogni gioia o delusione, ci sarà sempre la nostra voce a ricordare a tutti che il Carpi è vivo nel cuore dei suoi giovani e della sua gente.
A tutti coloro che non vivono ancora questa vita o che non l’hanno mai vissuta, va il mio augurio di vivere la propria Scandiano!!!!
AVANTI CARPI! AVANTI CFC!