E’ notizia di febbraio, sarà ormai passato un mese, che il Modena F.C., in persona del suo presidente Arch. Angelo Forcina, ha acquistato il diritto di superficie su due terreni siti in Via Ghiaroni, con l’intento di costruirvi due campi da calcio in erba sintetica che fungeranno da base per le attività del settore giovanile del club geminiano. La notizia ha sollevato un piccolo vespaio: da un alto l’ineffabile “Napoleone” gialloblu Caliendo ha ribadito che questa operazione, invero di piccola portata, rappresenta un primo passo fondamentale per il suo progetto di crescita del settore giovanile canarino, dall’altro molti tifosi hanno preso spunto anche da questa operazione per criticare la mancanza di chiarezza della società e sottolinearne la marcata propensione alla speculazione. In mezzo a questa contrapposizione la vitale questione del rilancio del settore giovanile del Modena è finita decisamente, e per un momento, in quel momento, anche giustamente, in ultimo piano. A distanza di un mese una riflessione è d’obbligo, non su Forcina, elevato per “natali” alla carica di Presidente, novella Paolina, ma sulla necessità di rilanciare in qualche modo un settore giovanile che ormai da troppo tempo appare improduttivo, svuotato e abbandonato, lontanissimo ormai da quel gioiello che fu dal 1912 e per oltre 50 anni.
Sin dalla sua fondazione, il Modena F.C., infatti, prese a curare con molta attenzione il vivaio, conscio che il futuro di una squadra di provincia non potesse che essere garantito dalla formazione continua di uomini e atleti fedeli ai colori sociali e ai valori della sportività. Già il 26 gennaio 1913, a meno di un anno dalla fondazione, il Modena riuscì a schierare contemporaneamente, oltre alla prima squadra, altre tre formazioni: una squadra riserve, una terza squadra, e una “Junior”, per ben un totale di 44 giocatori impegnati con i colori gialloblu.
L’anno successivo, il 3 maggio 1914, gli Allievi canarini vinsero a Milano la prestigiosa Coppa Torre, battendo in finale per 4-3 il Milan. Facevano parte della squadra i elementi come Borgetti, Vandelli, De Andrea; Molinari, che sarebbero poi tutti arrivati in prima squadra, e Armando Ferrari, forse il più talentuoso di tutti, che, dopo aver giocato con i titolari in varie amichevoli dell’autunno del 1915, quando non aveva ancora 17 anni, sarebbe morto durante la prima guerra mondiale per una malattia contratta in trincea. L’attenzione per i giovani calciatori divenne una vera e propria vocazione a crescere i talenti in casa quando, nel novembre del 1914, approdò al Modena Attilio Fresia. Il grande campione piemontese non faceva distinzioni tra giovani e vecchi, tra prima e seconda squadra, era sempre disponibile sul vecchio campo del Velodromo a dispensare i suoi consigli a tutti, anche ai ragazzi non tesserati per il Modena. Sotto le sue cure tra il 1917 e il 1919, quando il Modena non svolgeva attività ufficiale e il calcio era rappresentato dalle squadre uliciane e dal XX Autoparco, vennero su talenti come Pedrazzi, Dugoni e Mazzoni che avrebbero fatto le fortune del club geminiano per anni a venire.
Alla ripresa dell’attività, nel 1919, la cura dei giovani canarini fu affidata al popolare “Anteo” Tirabassi, il massaggiatore zoppo, che, indefessamente, per quasi ’30 anni, tramandò il verbo “fresiano” a generazioni di calciatori in erba. Negli anni ’20 le seconde e terze squadre canarini vincevano immancabilmente i campionati a cui erano iscritte con formazioni infarcite di giocatori che a stento raggiungevano i diciassette anni e da ogni nuova nidiata di “Anteo” usciva almeno un giocatore in grado di giocarsela ad alti livelli nella massima serie. Dopo i Dugoni, i Vezzani e i Mazzoni, ci furono i Setti, che divenne campione d’Italia con l’Ambrosiana, i Morselli, che passò una vita in Serie A tra Firenze, Genova e Milano, e poi i Sentimenti che furono grandi a Torino, con la Juventus, e a Roma, con la Lazio. Le ultime annate che passarono sotto “Anteo” a inizio anni ’40, quando fu affiancato da Dotti, regalarono ai colori canarini elementi di assoluto valore come Renato Braglia e Renato Brighenti, poi il testimone passò, nel dopoguerra, alla coppia Mabelli-Mazzoni.
Ghino Mabelli, postino talent scout, scovava nelle squadre minori gli elementi più dotati fisicamente e tecnicamente, poi Mazzoni li cresceva, aggregandoli alla prima squadra giovanissimi. Esplosero così i talenti di Cavazzuti e di Giovetti, ma anche dopo l’addio di Mazzoni nel 1949, i frutti del suo lavoro e di quello di Mabelli continuarono a vedersi per anni con l’affermazione di Corradi e di Sergio Brighenti, uomini che avrebbero conosciuto la massima serie e anche la Nazionale e di Giorgio Barbolini che la A la avrebbe conosciuta con il Padova. Qualche anno dopo, nel 1954, il Modena ragazzi, affidato alle cure del maestro Grandi, conquistò addirittura il massimo alloro del calcio giovanile italiano vincendo il Campionato Ragazzi. Tra i giovanissimi canarini che si fregiarono dello Scudetto alcuni, come Goldoni e Ottani, sarebbero diventati i capisaldi della prima squadra gialloblu per anni, gli altri, pur non avendo eguale successo, sarebbero diventati comunque giocatori di buon livello in C , a testimonianza della persistente qualità della scuola calcistica modenese. Dopo le ottime annate di fine anni ’50 che regalarono alle platee del calcio italiano un centrocampista di gran classe come Tomeazzi, anche gli anni ’60, con il ritorno di Alfredo Mazzoni come allenatore delle giovanili, videro l’esplosione di talenti purissimi, come Adani e Rognoni, e di molti elementi di buon valore per la B e la C.
Nel 1969-70, sotto la guida di Armando Cavazzuti, i migliori elementi delle giovanili gialloblu contribuirono alla vittoria del Campionato Emilio De Martino, torneo in cui si affrontavano le riserve meno impegnate delle serie professionistiche frammiste, appunto, a molti giocatori giovanissimi. Di quella squadra ben presto uomini come Melotti e Galli approdarono alla prima squadra dove ebbero anche un discreto successo a livello di Serie B e C. Pur producendo ancora buoni giocatori, soprattutto dal punto di vista della tecnica di base, le giovanili canarine impoverirono progressivamente il loro gettito nella seconda parte degli anni ’70 quando tuttavia riuscirono a esprimere, con Stefano Cuoghi, un talento purissimo, capace, ancora nel finale di carriera di confrontarsi, con il Parma, ai più alti livelli. A partire dal 1982 con la gestione Farina, le giovanili canarine iniziarono a tornare su ottimi livelli. La politica del presidente di puntare molto sulle giovanili per autofinanziare la società portò alla scoperta e alla creazione di centrocampisti come Ferrari, Piacentini, Longhi e Masolini, pescati non più solo in provincia, ma anche in tutta Emilia, e oltre, come Zauli e Doni, che al Modena avrebbero potuto dare moltissimo se non fossero stati troppo frettolosamente ceduti. A inizio anni ’90 fiorirono anche difensori come Sacchetti e Adani, attaccanti come Dionigi, e Doni. Tutti avrebbero avuto carriere lunghissime e piene di soddisfazioni, ma tutti sarebbero stati superati dall’ultimo grande prodotto della scuola canarina, Luca Toni, centravanti cresciuto da Cinesinho a inizio anni ’90 che sarebbe diventato il primo italiano a vincere il titolo di capocannoniere del campionato tedesco e, soprattutto, il primo modenese, nonché primo canarino a vincere un titolo di Campione del Mondo.
Con l’abbandono di Farina, purtroppo, il vivaio fu a lungo tempo negletto e tuttora, nonostante qualche buon elemento riesca ancora ad affermarsi a discreto livello tra Serie B e C, il Modena paga il conto di troppi anni di gestione ondivaga. Ciò nonostante, è a loro, ai giovani del vivaio, che la società deve guardare per costruire un futuro degno di quel Modena pionieristico che da subito pensò che solo da una buona semina poteva crescere un albero forte. In questo senso, oggi, marzo 2012, seppur con la ovvia scarsa fiducia che si deve nutrire in una compagine sociale i cui vertici formali sono evidentemente “irresponsabili” delle scelte compiute, e seppur con il dubbio che non bastino due campi in erba sintetica per cambiare la deriva disastrosa dell’ultimo ventennio, bisogna comunque sperare che da questa operazione possa crescere il germoglio della futura rinascita di un grande settore giovanile gialloblu.
(Liberamente tratto e aggiornato da Modena F.C: 1912-2012, a cura di Filippo De Rienzo, Gilberto Guerra e Alessandro Simonini, Modena, 2012, Artioli Editore)